Le laminopatie sono malattie ereditarie rare, dovute ad una mutazione che avviene a carico del gene che codifica per componenti della membrana nucleare interna: la lamina A e la lamina C (LMNA).
Questa alterazione genica è causata da quella che viene definita una mutazione missenso, che avviene quando all'interno di una sequenza di DNA viene sostituita una base azotata in modo tale che la sequenza amminoacidica sia modificata.
Questo tipo di mutazioni può essere neutra e non determinare nessun fenotipo specifico, rappresentando semplicemente un polimorfismo a singolo nucleotide, ma può anche dare origine a patologie gravi, anche in ambito cardiologico.
Circa un terzo dei casi di cardiomiopatia dilatativa idiopatica è ereditario. Sebbene questa malattia possa essere trasmessa come carattere recessivo o legato all'X, l'ereditarietà autosomica dominante si verifica più frequentemente e presenta sia variabilità clinica che eterogeneità genetica.
In particolare, le mutazioni della LMNA sono responsabili di una proporzione non trascurabile di casi di miocardiopatia dilatativa primitiva, con prevalenze che vanno dal 6 al 40%, causando la malattia con una trasmissione autosomica dominante ed espressività variabile dei sintomi.
In genere, questa miocardiopatia esordisce precocemente con disturbi della conduzione atrioventricolare e con aritmie atriali e ventricolari, con casi di morte improvvisa che possono presentarsi anche prima che si manifestino alterazioni anatomiche significative a livello cardiaco. In questi pazienti è frequente anche l'incidenza di scompenso cardiaco e la necessità di un trapianto di cuore.
Il nuovo studio norvegese
Un nuovo studio di un gruppo di ricercatori norvegesi, recentemente pubblicato sullo European Heart Journal, ha valutato la prevalenza di mutazioni LMNA tra i pazienti con cardiomiopatia dilatativa familiare e analizzato la penetranza e l'espressività della malattia. Hanno Inoltre determinato la frequenza dei trapianti di cuore nei pazienti positivi al genotipo LMNA, descrivendo la storia clinica della malattia e identificando i più importanti fattori di rischio per un esito sfavorevole.
In un intervallo di tempo compreso dal 2003 al 2015 sono stati così studiati 561 probandi che sono stati sottoposti a test genetici con il riscontro di una percentuale del 6,2% in cui la mutazione LMNA patogena era presente, espressa con 18 diverse mutazioni. Lo screening genetico familiare ha diagnosticato ulteriori 93 membri familiari positivi alla mutazione portando così la popolazione ad un totale di 128 probandi genotipo-positivi. Di questi, il 61% è stato seguito dal punto di vista clinico.
I test diagnostici hanno evidenziato un'elevata frequenza di aritmie ipo ed ipercinetiche e una riduzione significativa della frazione di eiezione del ventricolo sinistro, con un valore medio del 39%. La risonanza magnetica cardiaca ha rivelato un aumento tardivo del gadolinio come segno di fibrosi nel setto basale e medio nel 46% dei soggetti valutati, alcuni dei quali erano familiari asintomatici.
La penetranza della malattia a 60 anni di età si è avvicinata al 100%, sia nei probandi che nei familiari. Un fenotipo cardiaco positivo era presente nel 39% dei membri della famiglia inizialmente asintomatici. La penetranza cardiaca si è verificata con incidenza annuale del 9% nei membri della famiglia genotipo-positivo.
Tra i 19 membri della famiglia con fenotipo cardiaco, il 32% aveva un blocco atrioventricolare, il 23% una fibrillazione atriale, il 39% episodi di tachicardia ventricolare non sostenuta. Quindi, il 95% di questi soggetti presentava aritmie o disturbi di conduzione, in assenza di una vera e propria miocardiopatia dilatativa.
Il 37% dei pazienti ha dovuto essere sottoposto ad impianto di pacemaker per blocco atrioventricolare completo.
I pazienti con aritmie ventricolari sostenute avevano più frequentemente un blocco atrioventricolare, episodi di fibrillazione atriale e una frazione di eiezione ridotta, rispetto a quelli senza questo tipo di aritmie ventricolari. Tutti i pazienti con aritmie ventricolari avevano un blocco atrioventricolare precedente alll'aritmia stessa.
Quarantanove pazienti avevano o hanno ricevuto l'impianto di un ICD durante il follow-up.
La mortalità media nel corso di un follow-up di 7,8 anni è stata dell'8%, a un'età media di 66 anni. Tre pazienti sono deceduti per insufficienza cardiaca, due pazienti dopo trapianto cardiaco a causa di un'emorragia intracerebrale e un'infezione. Un paziente è deceduto 4 giorni dopo l'impianto di un dispositivo di assistenza ventricolare sinistro. Il 10% dei pazienti hanno richiesto il trapianto cardiaco, tutti inizialmente presentati come probandi. Il tasso combinato di mortalità e trapianto è stato del 24%. La ridotta frazione di eiezione del ventricolo sinistro era l'unico fattore predittivo per gli esiti gravi.
Confermata gravità e prognosi negativa
Questo accurato studio sulla miocardiopatia dilatativa legata alla mutazione dei geni LAMA, ha quindi evidenziato una prevalenza non trascurabile della mutazione dei geni che codificano per LMNA tra i pazienti affetti da miocardiopatia dilatativa. Il decorso clinico è stato in sostanza quello atteso, con un esordio precoce e una rapida progressione della malattia, un costante incremento dei membri della famiglia sintomatici e un'elevata incidenza di eventi gravi.
Trattare quest'argomento ha il merito di ricordare la presenza di questa porzione consistente di pazienti con miocardiopatia dilatativa e gravati da una prognosi particolarmente negativa, che vanno di conseguenza identificati precocemente, attraverso uno screening genetico familiare quanto prima possibile. Una volta identificati, i pazienti andranno posti sotto uno stretto follow-up, al fine di adottare tempestivamente tutte le misure terapeutiche necessarie per cercare di prevenire la progressione della malattia e gli eventi aritmici più gravi.
Franco Folino